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Quando il trucco glam diventa una moda travestita da tecnica: la confusione fra trend, estetica e formazione accademica nel make-up

  • Immagine del redattore: carlabelloni
    carlabelloni
  • 7 feb
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 23 giu



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Nel mondo della formazione make-up, si assiste sempre più spesso al tentativo di far passare il trucco glam come una tecnica innovativa, quasi fosse l’ultima frontiera del trucco professionale. Questa narrazione, alimentata dai social e dai linguaggi visivi digitali, confonde lo stile con la tecnica, l’estetica con la funzione. Ed è un problema.

Per definizione, il trucco glam è uno stile visivo d’impatto, pensato per valorizzare il volto secondo i trend del momento. È moderno, brillante, riconoscibile. Il glam può essere considerato un’espressione attuale, o talvolta alternativa, di ciò che chiamiamo trucco estetico (aesthetic), un rispecchio sociale ed estetico che appartiene pienamente al contemporaneo, ma che trae senso e forza da una lunga tradizione di rappresentazioni dell’immagine femminile. Questa tradizione non è altro che un susseguirsi di condizionamenti culturali, sociali, politici ed economici che, nel tempo, hanno modellato le forme del desiderabile, del decoroso, del moderno o del trasgressivo. In questo contesto, ciò che oggi definiamo “trucco d’epoca” non è una semplice imitazione del maquillage del passato, ma un sistema complesso di codici estetici stratificati. Ogni decennio ha costruito la propria identità visiva attraverso il make-up, riflettendo le tensioni e le ideologie dominanti: dal rosso patriottico delle labbra durante la Seconda Guerra Mondiale, all’estetica lunare e grafica degli anni Sessanta, fino alla teatralità degli anni Ottanta, segnata dall’edonismo e dalla cultura pop. Il trucco, in questo senso, si configura come un linguaggio visivo codificato che interpreta e racconta l’evoluzione dei modelli di femminilità. Il make-up, in questo senso, si configura come un vero e proprio linguaggio visivo, un sistema che racconta molto più di ciò che mostra. In passato a dettare le tendenze non erano tutorial o influencer, ma l'immaginario potente del cinema, le passerelle dell’haute couture e soprattutto le icone femminili che incarnavano il gusto, il prestigio e l’autorità: attrici, prime donne della politica, muse della moda. In questo senso, ogni epoca ha usato il trucco non solo per valorizzare, ma per affermare un’idea dominante di femminilità e potere. Oggi accade lo stesso, ma il potere estetico è nelle mani dei social. Oggi il glam che vediamo proposto come “moderno” è in realtà l’espressione di un bisogno costante di visibilità, più che di significato. Nasce su TikTok, cresce su Instagram, vive di click. È il frutto del lavoro di appassionati e creator, spesso autodidatti, più impegnati a generare engagement che a studiare la relazione tra luce, ottica, e volto. In ogni caso, il glam è un codice visivo: cambia forma nel tempo, ma conserva una funzione narrativa e simbolica.


In ambito audiovisivo, parlare di trucco correttivo e trucco glam come se fossero due mondi separati è una semplificazione che svilisce entrambi. Da sempre, queste due dimensioni si fondono: il correttivo dà struttura, profondità, leggibilità tecnica alla resa visiva, mentre il glam, quando richiesto, interviene a definire lo stile, l’atmosfera, l’intenzione comunicativa. Funzione e immagine non sono in opposizione, ma si nutrono a vicenda.

Il Trucco correttivo, di cui mi occuperò in un prossimo approfondimento, non è un trend, ma un linguaggio, sorretto da una tecnica. Una grammatica necessaria quando si parla di trucco audiovisivo, dove ogni ombra ha un senso e ogni luce una funzione. Il fatto che oggi si contrapponga glamour e correttivo in chiave estetica rivela una mancanza di comprensione del mestiere, e una tendenza a confondere il consumo visivo con l’atto tecnico.

Nonostante ciò, molte accademie e corsi di formazione continuano a proporre una visione didattica settoriale, dove ogni modulo è trattato come un compartimento stagno, invece che come parte di un sistema complesso. La moda del glam viene spesso proposta come se fosse una nuova competenza professionale, dimenticando che si tratta di uno stile espressivo, non di una tecnica autonoma. La tecnica vera, come il correttivo, si costruisce nel tempo, osservando la luce, i volumi, la relazione tra immagine e mezzo di riproduzione.

I truccatori che lavorano nei backstage fotografici, nella moda o alla televisione, sanno bene che i look di tendenza o glam vengono spesso richiesti, proprio perché moda e media sono uno specchio dello stile sociale del momento. Ma non è il trend a fare la professionalità: ciò che conta davvero è comprendere il linguaggio visivo, conoscere i materiali, saper adattare il trucco al mezzo, alla scena, al soggetto da truccare. Non basta sapere “riprodurre” un look. Serve comprendere il perché di ogni scelta.

Purtroppo, il trucco correttivo continua a essere ridotto, in molti contesti formativi, a una banale operazione di contouring o di armonizzazione estetica. Ma il correttivo è ben altro: è un linguaggio tecnico che garantisce coerenza, chiarezza e funzionalità all’immagine audiovisiva. È ciò che permette a un volto di esprimere credibilità sotto una luce di scena, di raccontare un’emozione, di restare leggibile in uno scatto fotografico o in una ripresa in movimento.

In definitiva, la vera questione non è “correttivo o glam”, ma piuttosto: perché si continua a trattarli come realtà incompatibili? Forse perché non si conosce abbastanza a fondo il linguaggio audiovisivo e la sua complessità. O forse perché si preferisce semplificare, per rendere più appetibile la formazione a chi cerca immediatezza, visibilità e consenso.

Ma la realtà è un’altra: tutti i moduli del trucco audiovisivo sono collegati tra loro. Non esistono barriere nette tra tecnica e stile, tra struttura e immaginazione. Esiste piuttosto la capacità, tutta professionale, di sapere quando e come farli dialogare.

Ecco perché è ora di superare questa divisione artificiale: Il glam non è una tecnica. È uno stile. Il correttivo non è solo armonia, è una tecnica, e la professionalità non si misura in trend, ma in consapevolezza.

Solo così, forse, potremo restituire dignità al mestiere e profondità alla formazione.


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