GLOSSARIO DISFUNZIONALE. Il peso delle parole
- carlabelloni

- 7 mag 2024
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 19 giu

Nel mondo beauty si usano tante parole.
Troppe, spesso a sproposito.
Il problema non è solo semantico: quando il linguaggio perde precisione, si perde anche la qualità del lavoro.
Un termine sbagliato, un'espressione ripetuta senza comprenderne l’origine, può alterare il modo in cui si usano i prodotti, si spiegano i concetti e si formano i futuri professionisti.
Da qui nasce l’urgenza di rimettere ordine.
Non per creare regole rigide, ma per restituire alle parole il valore che meritano.
Ogni termine tecnico ha un’origine, una funzione e un contesto.
Usarlo a caso o peggio, insegnarlo così significa rompere il legame tra teoria e pratica, tra pensiero e gesto. Nel trucco, dove la materia è visiva ma la struttura è progettuale, questo legame è tutto.
Questa rubrica nasce proprio per questo: per riportare lucidità dove ormai regna confusione, e rigore dove si è fatto spazio all’approssimazione.
Non è un glossario di definizioni: è una riflessione critica su quanto il linguaggio incida sulla qualità del lavoro.
Perché se chi insegna o comunica nel settore non è in grado di spiegare cosa sta facendo e perché lo fa, allora non sta trasmettendo un metodo, ma solo un’abitudine.
Siamo arrivati al punto in cui molte parole si usano per imitazione, non per conoscenza.
Ma un professionista ha il dovere di interrogarsi, di risalire alla funzione prima di abbracciare la forma.
Se fino a qualche anno fa si poteva contare su prodotti progettati per scopi precisi, oggi nel caos di mode, tendenze e adattamenti commerciali, serve un occhio più critico, e soprattutto una conoscenza più solida.
Il trucco è materia, ma anche linguaggio.
Chi non sa usare il linguaggio con consapevolezza, finisce per alterare anche la materia.
Un trucco efficace non nasce da un termine virale, ma da un pensiero strutturato.
Un docente che non distingue tra effetto e tecnica, tra comunicazione e funzione, dovrebbe prima di tutto rivedere il proprio vocabolario professionale.
Perché chiamare le cose col nome giusto è già un atto professionale.
Questo sarà il motto della rubrica:
“Ci sono termini che, nel make-up, smettono di essere errori: diventano radiografie dell’incompetenza.”
Una frase che basta da sola. Perché nel nostro lavoro le parole sbagliate non sono dettagli: sono segnali precisi di chi non sa cosa sta facendo o, peggio, di chi insegna senza sapere.


