L'ombra del potere
- carlabelloni

- 23 mag 2024
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 19 giu

A un anno dalle mie dimissioni dall’accademia dove ho lavorato per 13 anni, mi sono resa conto di quanto profondamente fosse radicato in me il senso di appartenenza a quella realtà. Nonostante non rivestissi più alcun incarico ufficiale, continuavo ad agire, pensare, osservare e, talvolta, intervenire mentalmente come se fossi ancora parte integrante di quel sistema. Solo quando una persona a me vicina, durante una conversazione, mi ha fatto notare che il mio atteggiamento ricordava quello di un governo ombra, ho avuto una rivelazione.
Il paragone con il governo ombra, tipico delle democrazie parlamentari, è quanto mai calzante. Nel linguaggio politico, un governo ombra è un'organizzazione parallela, spesso composta da membri dell'opposizione, che pur non detenendo il potere formale, continua a monitorare, criticare e proporre alternative all’operato del governo in carica. Allo stesso modo, mi ritrovavo a osservare le dinamiche dell’accademia dall’esterno, rilevando disfunzioni, prevedendo errori e immaginando soluzioni, come se fossi ancora parte del suo funzionamento interno.
Questa analogia non è solo suggestiva: è concreta. Proprio come un governo ombra si prepara a prendere le redini in caso di crisi, io continuavo a ragionare in termini di responsabilità, visione e gestione. Vedevo i problemi, talvolta li anticipavo, e li “correggevo” con la mente. Il mio coinvolgimento non era più istituzionale, ma restava profondamente operativo.
Il governo ombra ha una funzione essenziale: mantenere viva una coscienza critica, un'alternativa pronta, un occhio esperto che non smette di guardare. Così era diventato il mio ruolo: silenzioso, privo di titolo, ma ancora attento, ancora attivo. Non per nostalgia o per mancanza di distacco, ma per senso di cura verso ciò che avevo contribuito a costruire.
Questa condizione può sembrare ambigua, ma ha una sua forza: dimostra che l’impatto che lasciamo nei luoghi in cui lavoriamo non termina con una firma su una lettera di fine rapporto. A volte resta sotto forma di coscienza vigile, come un'eco organizzativa che continua a parlare anche dopo il silenzio. In fondo, forse, ogni realtà complessa ha bisogno di un suo piccolo governo ombra: qualcuno che, anche fuori scena, continui a pensare al bene comune.
Questa esperienza mi ha insegnato che, a volte, si può continuare a "governare" anche senza incarico, e che l’impronta lasciata in un ambiente può restare attiva, persino silenziosamente operativa, anche dopo che si sono spente le luci del ruolo formale. Col tempo, ho compreso che è stato un modo per onorare il mio percorso, per chiudere davvero un capitolo solo dopo aver metabolizzato tutto il bagaglio che mi aveva lasciato. Ho capito che quel distacco, così improvviso, l’ho vissuto come un vero e proprio lutto. Avevo solo bisogno di concedermi il tempo per accettare, davvero, la parola "fine".


